Il tema dell’accessibilità digitale in ambito scolastico, non impatta solo sull’utilizzo di ausili tecnologici o accomodamenti ragionevoli per disabilità visive, ma anche per disabilità uditive, motorie, intellettive, relative a disturbi dello spettro autistico, nonché a pluriminorazioni.
In questi mesi di emergenza, in cui l’uso dell’informatica nella didattica è stato fortemente incrementato, si è riscontrato che l’accessibilità degli strumenti scolastici presenta qualche luce, ma purtroppo ancora molte ombre. Ci si dimentica che, oltre agli alunni disabili, esistono genitori ed insegnanti con disabilità, che restano ancora quasi del tutto invisibili.
Su questi aspetti ci siamo confrontati con alcuni addetti ai lavori, tra cui insegnanti di scuola secondaria, docenti universitari e docenti incaricati presso gli atenei per i corsi di sostegno, e una delle sensazioni comuni rilevate in situazione di disabilità è quella di sentirsi ai margini della vita dell’istituto scolastico. Nel collegio docenti, nei gruppi di lavoro, nei consigli di istituto e nelle commissioni d’esame; tra le principali motivazioni vi sono problemi nella scelta dei libri di testo, degli strumenti digitali di lavoro, delle piattaforme tecnologiche accessibili di meeting e didattica a distanza.
Proviamo ad esaminare qualcuno di questi problemi.
I libri di testo accessibili
Spesso, un rappresentante di una casa editrice che arriva in sala professori, non ha la versione accessibile dei testi e non comprende esattamente cosa significhi accessibilità. È dunque evidente che il primo gap è proprio la mancanza di competenze e di possibilità di verificare il prodotto, anche perché i tempi per la scelta sono ristretti e gli unici escamotage possibili sono l’aiuto dei colleghi o, qualora si conoscano personalmente gli autori, la richiesta diretta dell’invio del file in formato accessibile, ma tale soluzione non può essere definita accessibilità universale.
Questi problemi ricadono a cascata sui genitori e sugli alunni con disabilità i quali, tra l’altro, non possono consultare preventivamente i testi e devono sperare che il prodotto acquistato sia fruibile tanto per la lettura, quanto per l’interazione con gli esercizi da svolgere.
Proviamo a dare anche qualche parziale buona notizia: ad esempio, per le scuole secondarie si è attivato un progetto denominato “Scuolabook”, che consiste in un portale per acquistare ebook online , e si può fare anche riferimento a piattaforme mainstream come Kindle, ma purtroppo non sono tutte totalmente accessibili.
Attualmente si sta sviluppando un nuovo sistema autorizzato dalla normativa vigente, secondo cui un docente non acquista il testo, ma può produrlo man mano tramite dispense. Il vantaggio è la possibilità di produrre il testo tenendo conto delle eventuali esigenze di accessibilità del docente e degli alunni, lo svantaggio sta nei costi, in quanto richiede grande dispendio di tempo e di risorse umane.
Spesso le soluzioni, invece di essere affrontate a livello istituzionale, ricadono a livello associativo; ad esempio la commissione nazionale insegnanti dell’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) sta pensando di creare una banca dati con i testi già prodotti e questo progetto costituirebbe una buona prassi sia per l’accessibilità che per la non discriminazione nella professione dell’insegnamento.
Si segnala inoltre un interessante progetto, a cura dell’Università di Torino, per gli studi di “matematica accessibile”: si tratta del laboratorio Polin, in cui vengono messi a disposizione degli studenti universitari, computer già forniti di tecnologie assistive e il “pacchetto accessibility”, software per la decodifica accessibile delle formule matematiche, compatibile con i più comuni screen reader, ausili utilizzati da persone cieche o fortemente ipovedenti.
I registri elettronici accessibili
Quando nacquero le prime piattaforme private all’inizio degli anni 2000, non c’era l’obbligo dell’uso del registro elettronico. In seguito all’obbligatorietà dello strumento, sono iniziati i problemi di accessibilità e usabilità.
Qualche anno fa il MIUR (ora MI, Ministero dell’Istruzione) aveva aperto un tavolo tecnico con i principali gestori di piattaforme a livello nazionale e alcune associazioni di categoria, per l’adozione di una piattaforma comune che rispetti le norme sull’accessibilità. A tutt’oggi però, ogni istituto scolastico sceglie la piattaforma da adottare ed anche in questo caso le segnalazioni di inaccessibilità restano a carico del mondo associativo. Per esempio, in seguito a ripetute segnalazioni da parte di alcuni soci su problematiche con l’utilizzo di piattaforme sviluppate da Spaggiari e Argo, l’Associazione Disabili Visivi ONLUS (ADV) ha contattato i gestori, i quali si sono resi disponibili a risolvere i problemi, adeguando i prodotti già esistenti al tipo di problema e di disabilità. Tali soluzioni, effettuate a posteriori, non sono mai totalmente risolutive ed inclusive e risultano “toppe”, che lasciano sempre aperti altri problemi: rendere accessibile un prodotto vuol dire riprogettarlo alla radice, in modo da renderlo universalmente utilizzabile.
Esistono differenze nell’accessibilità di una piattaforma digitale, a seconda della tipologia di utente che la utilizzi in compilazione o in consultazione. Per fare un esempio tecnico tra i tanti, un insegnante non vedente che debba inserire gli argomenti svolti e i compiti assegnati giorno per giorno, può trovarsi nell’impossibilità di completare il lavoro a causa della difficoltà di inserire la data nel registro digitale, perché il campo relativo non è digitabile o non è correttamente etichettato. In un periodo come quello di lockdown dovuto all’emergenza Covid-19, il problema è aggravato da forti difficoltà per insegnanti che lavorano a distanza, senza il supporto di colleghi o familiari in grado di risolvere eventuali impedimenti tecnici.
Un buono stimolo affinché le scuole adottino un registro digitale accessibile, potrebbe dipendere dall’ottenimento di finanziamenti da parte del Ministero, dei Comuni e delle Regioni, a seguito di un buon rapporto annuale di valutazione RAV, a cui gli istituti scolastici sono sottoposti.
Si tratta del giudizio degli stakeholders quali genitori, studenti e insegnanti, sul livello di gradimento dei servizi offerti dall’istituto scolastico, tra cui rientra ovviamente l’accessibilità e l’usabilità del registro digitale.
La didattica a distanza
Le piattaforme utilizzate per la didattica a distanza sono numerose; tra quelle maggiormente diffuse citiamo Moodle con Gsuite, Zoom e Skype, che hanno una fruibilità accettabile, mentre per i webinar e i convegni, vengono molto utilizzate Microsoft Teams, Cisco meeting e Google meeting, che risultano più facilmente gestibili tramite dispositivi mobili.
Nell’ultimo periodo c’è stato un incremento dell’accesso a tali piattaforme da parte sia dei genitori che dei figli, con molte difficoltà per alcune categorie di persone con disabilità gravi, intellettive e con pluridisabilità.
In alcuni casi, con sorpresa, la didattica a distanza è stata un valore aggiunto: è il caso di ragazzi affetti da disturbi dello spettro autistico, che hanno un rapporto preferenziale con la tecnologia, che consente loro di godere di quell’isolamento che in aula si cerca di minimizzare.
Va sottolineato però che la didattica a distanza non può essere sostitutiva della didattica in presenza, perché impedisce la relazione, il contatto e l’empatia. Per le disabilità gravi, anche in caso di una piena accessibilità, l’isolamento costituirà sempre un gap, in modo particolare per le famiglie meno “tecnologiche”, o comunque che senza un supporto esterno si trovino a dover sopperire a una serie di problemi di gestione della persona con disabilità per tante ore, senza tempi di riposo e di recupero.
Il ministero, nell’ambito del piano nazionale di formazione triennale 2017-2019, utilizzando i fondi europei, ha formato più di 3000 coordinatori ed esperti di tecnologie assistive, di sostegno presso le scuole; la piattaforma utilizzata dagli enti formatori “Sophia”, pur essendo stata dichiarata accessibile, ha creato problemi di inaccessibilità in quanto diverse piattaforme adottate dagli enti formativi, o i software collegati a Sophia non lo sono e dunque tutta la tecnologia è stata resa inaccessibile.
Come fare dunque per risolvere tutte queste problematiche?
Si può ricorrere a diversi strumenti che permettano a tutte le persone interessate di tutelarsi, a cominciare dagli strumenti giuridici.
Ricordiamo infatti che la necessità di disporre di strumentazione accessibile è disposta da alcuni provvedimenti legislativi, come la ben nota legge Stanca (L. n.4/2004), che ha un articolo dedicato proprio al materiale didattico e formativo utilizzato nelle scuole di ogni ordine e grado, ai libri scolastici e agli strumenti di lavoro anche a distanza, rispetto ai quali deve essere garantita l’accessibilità anche per le persone con disabilità.
Ai provvedimenti esistenti se ne aggiungeranno altri, quale la direttiva UE nota come European Accessibility Act, che a partire dal 2025 entrerà in vigore anche in Italia e verrà estesa a tutti i soggetti pubblici e privati (ad eccezione delle micro imprese). Secondo tale direttiva infatti, non potranno essere immessi sul mercato europeo prodotti e servizi che non siano accessibili; ci si riferisce quindi non solo di personal computer, ma anche di strumenti come pos bancari, e-commerce, libri digitali, registri elettronici, e qualsiasi servizio digitale, che dovrà rispettare le regole tecniche delle WCAG 2.1, Web Content Accessibility Guidelines, emanate dal W3C per l’accessibilità e usabilità digitale.
Infine, si può ricorrere sempre e comunque ad un procedimento anti-discriminatorio ai sensi della legge 67 del 2006 contro le discriminazioni ai danni delle persone con disabilità, che quasi sempre costituisce lo stimolo giusto per prestare all’accessibilità degli strumenti digitali, scolastici e non solo, la dovuta attenzione.