Al via in questi giorni i lavori preliminari delle commissioni unitarie interconfederali che prepareranno la piattaforma contrattuale da discutere con l’Associazione Nazionale fra le imprese assicuratrici, – Ania
Il Contratto Nazionale dei lavoratori assicurativi è scaduto alla fine del 2019, ma, a causa dell’emergenza pandemica e soprattutto per il protrarsi delle trattative per i rinnovi di alcuni Contratti Integrativi Aziendali strategici che riguardano circa il 50% del comparto, ad oggi non si è ancora aperto il tavolo nazionale.
Tra i diversi gruppi di lavoro, è stata istituita una commissione che si occuperà di diritti civili e disabilità, alla quale partecipano le rappresentanze dei sindacati FISAC CGIL, FIRST CISL, UILCA, FNA e i rappresentanti dei funzionari, allo scopo di portare alcune istanze di inclusione lavorativa all’attenzione dei delegati sindacali e della controparte datoriale.
La situazione emergenziale dell’ultimo anno ha portato all’attenzione dei media e della politica la precarietà del lavoro, anche del settore assicurativo, che forse ha risentito meno di altri del contraccolpo occupazionale. Tuttavia, nonostante la crescita di fatturato, in controtendenza delle grandi aziende, spesso i lavoratori con disabilità si sono sentiti abbandonati dai datori di lavoro e dalla politica, che, per poca conoscenza della tematica, o perché il momento non fosse ritenuto opportuno, hanno dedicato scarse risorse alla problematica.
Eppure, a livello europeo, in occasione della campagna EUvsDiscrimination partita nel 2019 e conclusasi nel febbraio 2020, è stato rilevato che per ogni euro investito da un’azienda in accomodamenti ragionevoli e in resa accessibile di un ambiente di lavoro, si ottiene in media un ricavo di circa 1.30 euro, pertanto le stagioni contrattuali che si apriranno in questa fase potrebbero costituire una grande occasione per riaffermare e codificare il diritto alle pari opportunità e alla piena inclusione dei lavoratori con disabilità.
Pur ritenendo positiva l’attenzione politica e mediatica alla figura del Caregiver, ricordiamo che le persone con disabilità sono anche soggetti attivi che possono costituire un valore aggiunto per le aziende e il mondo del lavoro in generale.
Tornando ai Contratti Collettivi, si rileva che su questi solo poche righe sono dedicate al lavoro delle persone con disabilità, facendo riferimento genericamente alle norme sull’abbattimento delle barriere architettoniche o, nel migliore dei casi, aderendo vagamente alle regole ai sensi dell’art. 11 della Legge 68/99 per l’assunzione di lavoratori con una disabilità minima specifica, mediante cooperative sociali o enti del terzo settore.
Ciò dimostra che nell’ambito della Diversity, la disabilità è quella meno conosciuta e che viene quasi ignorata o temuta dalle aziende. Per tali motivi, se un settore strategico come quello dei servizi assicurativi potesse essere normato con minuzia e precisione, sarebbe un modello virtuoso per tutti gli altri contratti di primo e di secondo livello in fase di rinnovo.
L’osservatorio sulla disabilità
Una proposta potrebbe essere la costituzione di un osservatorio composto da rappresentanti delle parti sociali opportunamente preparati e formati, con titoli universitari riconosciuti, sui temi di Disability e Diversity Management, con il compito di fornire linee guida e proporre buone prassi per l’effettiva attuazione della legge 68/99. L’osservatorio dovrebbe monitorare periodicamente l’andamento delle assunzioni, anche mediante richiesta alle aziende di fornire dati sulle persone con disabilità assunte nell’organico, sulla tipologia o la percentuale di disabilità secondo la classificazione ICF e sulle posizioni ricoperte. Questo potrebbe prevenire comportamenti discriminatori sia nelle assunzioni che nella mobilità verticale e orizzontale.
Tale osservatorio dovrebbe occuparsi altresì dell’accessibilità in ogni ambito lavorativo, proponendo l’adozione di piani individuali per l’inclusione (per es. potenziamento del tutoring con focus specifico sulla condizione del lavoratore) e di accomodamenti ragionevoli e monitorando la loro effettiva attuazione.
È inoltre importante che questo osservatorio sia disciplinato e che nel C.C.N.L. si dichiari espressamente un impegno tra le parti di attuare politiche di inclusione, azioni di facilitazione e trattamento paritetico
Porre attenzione allo smart working.
Anche dopo la fine del periodo emergenziale, è auspicabile che sia riconosciuta una via preferenziale alla scelta del lavoro agile noto anche come “smart working”, da parte di persone con disabilità e di genitori di figli minori o disabili e di caregiver, che ne facciano espressamente richiesta. In alcuni casi, infatti, lo smart working può rivelarsi un accomodamento ragionevole o un facilitatore per l’inclusione lavorativa di persone con specifiche fragilità, ma in altri casi invece c’è il rischio che costituisca un fattore di segregazione che impedisce un’effettiva inclusione sociale nell’azienda. Quindi, se da un lato è bene che sia esplicito un riconoscimento contrattuale dello smart working come accomodamento ragionevole, dall’altro è necessario un attento e competente monitoraggio da parte dell’osservatorio: in ogni caso esso va concordato e va considerata la scelta e le esigenze del lavoratore con disabilità, prevedendo, in casi particolari, anche un regime di smart working al 100%, alternando comunque momenti di presenza nel gruppo di lavoro, in occasione di riunioni di assessment, workshop o casi di necessità.
Accessibilità universale.
Quando si parla di inclusione lavorativa, è necessario parlare dell’accessibilità degli strumenti di lavoro e delle postazioni di lavoro, nonché della comunicazione delle informazioni ai lavoratori.
La norma contrattuale deve far esplicito richiamo alle norme sull’accessibilità degli strumenti informatici e delle applicazioni, e l’osservatorio potrà quindi monitorare tali aspetti nelle aziende, anche avvalendosi della consulenza di professionisti competenti sulle tecnologie assistive e sulle configurazioni particolari.
In particolare, ogni comunicazione ai lavoratori deve essere fornita con formati accessibili e fruibili universalmente: ad esempio, una circolare esposta in formato cartaceo in bacheca, deve essere inviata in formato digitale accessibile tramite posta elettronica a tutti i lavoratori che non possono accedere alla bacheca e va anche pubblicata in formato digitale accessibile sul portale intranet dell’azienda; la stessa intranet deve rispettare i criteri di accessibilità digitale previsti dalla normativa vigente italiana e internazionale.
Rispettando tali criteri tecnici ogni comunicazione interna può essere fruita da persone con diverse disabilità, come persone con disabilità sensoriale, quindi visive e uditive, da persone con problematiche motorie, persone dislessiche, persone con disabilità intellettive ecc.
Si ricorda inoltre che appena entrerà in vigore la Direttiva nota come l’atto europeo dell’accessibilità, di cui la data prevista è per il 2025, per banche e assicurazioni (e non solo) sarà obbligatorio fornire prodotti e servizi accessibili, e sarà quindi necessario prevedere un’ opportuna formazione per tutti coloro che si occupano di assunzione di polizze, liquidazione di sinistri o consulenze finanziarie negli uffici di direzione, nelle agenzie o nei call center. In particolare, coloro che hanno contatti diretti con il cliente andranno formati sulle modalità di esporre le caratteristiche del prodotto o del servizio in maniera universalmente accessibile, quindi anche alle persone con disabilità.
Riconoscimento degli accomodamenti ragionevoli.
La definizione di “accomodamento ragionevole”, contenuta nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, andrebbe inserita nel nuovo contratto nazionale in modo da garantire un welfare aziendale inclusivo per tutti.
Un ambiente di lavoro accogliente per le persone con fragilità risulta più accogliente per tutti, e un contratto nazionale che preveda esplicitamente tale diritto, costituirebbe un esempio virtuoso da seguire e renderebbe il settore assicurativo più competitivo e socialmente sostenibile, sia verso i clienti interni, ovvero lavoratori e aziende, che verso gli stakeholder nel territorio, con un ottimo ritorno di immagine.
Affermare tale principio nei testi contrattuali costituirebbe una vittoria sia per i lavoratori, che per le aziende che beneficerebbero di una forza lavoro pienamente motivata, valorizzata e vincente; In caso contrario, si sarà persa una valida occasione, con la conseguenza di un arretramento di diversi anni dell’orologio dell’inclusione.