L’INCLUSIONE LAVORATIVA NEL PANORAMA NORMATIVO DELLA DISABILITÀ
DI MARILENA MARRONE
La consapevolezza sull’importanza del tema è una conquista recente, a cui si è giunti dopo lotte, cambi normativi, studi ed approfondimenti apportati dai noti Disability Studies.
Il presupposto da cui occorre partire è sicuramente riconducibile a due documenti fondanti: la Costituzione Italiana del 1947, a livello nazionale, e la successiva Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità a livello internazionale, sottoscritta dall’Italia nel del 2009. L’Italia ha sottoscritto la Convezione sui diritti delle persone con disabilità dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, per salvaguardare i diritti imprescindibili di ogni persona.
L’azione di parificazione delle opportunità delle persone con disabilità segue diversi principi, che vengono definiti in modo analitico all’interno della Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità. Il primo tra tutti è il principio di autodeterminazione, necessario per poter compiere, in libertà, scelte rispetto a tutti gli aspetti della vita.
Un altro tema dibattuto all’interno della Convenzione Onu è il tema dell’accessibilità. Garantire accessibilità vuol dire garantire l’accesso a tutte le informazione, a tutti i servizi e a tutti gli interventi di cui la persona con fragilità è protagonista rispetto a un territorio e la sua possibilità di trovare disponibili ausili e assistenza per sviluppare autonomia.
L’autonomia e l’indipendenza, inoltre, passano anche attraverso l’inclusione sociale e la non discriminazione.
L’inclusione deve poi essere intesa anche come esperienza professionale e formativa personale. Il tema del lavoro apre all’ampio tema dell’indipendenza economica come mezzo di autodefinizione del sé.
L’eccellenza della Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità si rifà anche a due aspetti innovativi nella visione della disabilità. Innanzitutto la volontà della Convenzione Onu è quella di rivolgersi a tutti, proprio in virtù del fatto che questa condizione potrebbe verificarsi in qualsiasi momento della storia di ciascuna persona.
Il secondo aspetto rivoluzionario coincide con l’ausilio della strategia di adattamento ragionevole. La consapevolezza di fondo è quella di dover modificare, adattare e compiere azioni a favore delle persone con disabilità quando queste vivono situazioni che invece risultano inadatte all’esercizio dei propri diritti, con l’obiettivo di garantire uguaglianza.
Sul piano nazionale è bene citare altre due normative: la legge 104 del 1992 e il suo moderno aggiornamento con la legge delega del 2021 in tema di disabilità.
Nella più recente Legge Delega, in materia di disabilità, approvata nel 2021, trova spazio una novità sul piano professionale: la possibilità per la persona con disabilità di poter fare affidamento su un responsabile del processo di inserimento nel luogo di lavoro in cui è stato inserito. L’inclusione lavorativa, secondo la legge 68 del 1999 prevede che per poter accedere ad un percorso di collocamento mirato all’interno di un contesto lavorativo occorre avere dei requisiti.
La persona con disabilità, in questo percorso di inserimento lavorativo, deve poter fare affidamento su una rete di servizi territoriali che diano risposte adeguate circa le opportunità in materia professionale, laddove questo coincida con una continua revisione e una costante condivisione di pratiche locali che possano garantire efficacia di prestazione. Questa logica viene definita “mainstreaming”, ovvero la possibilità di avere politiche che partano dal basso, secondo un approccio botton-up, affinché possano essere garantiti processi di cittadinanza sempre più democratici rispetto a una minoranza da voler tutelare.
L’inserimento lavorativo di persone con disabilità è un processo che richiede responsabilità e continua attenzione affinché diventi un reale processo di pratica abituale. Tuttavia il primo passo per renderlo effettivo è considerandolo come un processo essenziale, sia per la persona con disabilità sia per la comunità.
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