In risposta all’editoriale di Ernesto Galli della Loggia


1 Febbraio 2024 Di Marina Brugnone Le parole dell’editoriale del Corriere della Sera del 13 gennaio ci hanno fatto pensare molto, come Associazione, così come […]

Due mani che sorreggono in alto una sfera, apparentemente senza sforzo. I colori, verde e viola, sono contrastanti ma funzionali, e riprendono sia il logo di Fed.Man, sia il fatto che la coadiuvandone di diversità può creare delle sinergie per trasformare le idee in soluzioni in ambito inclusivo (particolare della scultura

Di Marina Brugnone

Le parole dell’editoriale del Corriere della Sera del 13 gennaio ci hanno fatto pensare molto, come Associazione, così come hanno colpito altre associazioni e molti altri, genitori, insegnanti, clinici. Quelle parole, scritte nell’articolo del quotidiano e pertanto rivolte ad un pubblico generalista, hanno dato adito ad una serie di interpretazioni poco felici. Si ravvisano infatti, nel suddetto, significati che paiono essere ingombranti come pesanti zavorre, un freno a mano tirato ai fini della piena realizzazione del diritto allo studio da parte di tutti i nostri studenti.

Fed.D.Man., Federazione Disability Management, sente pertanto la necessità di esplicitare la propria posizione rispetto alla cultura della distanza dalla norma e delle categorie, basata sulla dicotomia normale/anormale, sull’abilismo, sul linguaggio normativo e del deficit, della generalizzazione.

Perché per parlare di inclusione bisogna parlare di persone, di individui con proprie specificità che sono ancora non accolte da una società che non sa come evolversi nella direzione della civiltà. Chi si occupa di diversità, per scelta di vita o per lavoro, abbraccia una cultura “altra” da quella che generalizza, quella che pone su un unico piano, ogni aspetto dell’inclusione.

Tale appiattimento non giova agli innumerevoli intenti, progetti, sforzi di uscire dallo scenario di omologazione. Sì, perché ogni individuo è diverso, per natura, da ogni altro.

Chi si occupa di Disability Management ben sa cosa significa inclusione, non è essa un mito, non è un sogno, non è astrazione è il qui ed ora: consiste nell’occuparsi di coniugare leggi, decreti, note ministeriali, al territorio, al contesto, agli attori del processo inclusivo (aziende, istituzioni, insegnanti, studenti, lavoratori, cittadini italiani e stranieri) a pratiche risolutive di costruzione di reti, di progetti che aprano le porte tra la scuola ed il mondo del lavoro per l’affermazione dell’identità del singolo, per il suo riconoscimento.

Non ha senso accusare la scuola e i genitori, la prima di mentire ed i secondi di approfittarsi della menzogna.

Prendersela con la scuola, perché? È forse essa l’unico luogo in cui deve avvenire l’inclusione? La scuola è ed è stata troppo spesso luogo di riforme e sperimentazioni senza fine, di azioni dettate da intenti di propaganda dei singoli governi che si avvicendano senza tener conto delle leggi sull’inclusione, pubblicate negli anni e che rappresentano conquiste importanti sul piano dei diritti umani. Perché è proprio così, le leggi e le norme della scuola italiana in merito sono esempi di alta cultura.

Perché accusare i genitori di approfittare delle leggi che riconoscono tali diritti? Chi li accompagna nel riconoscimento dei bisogni educativi dei loro figli? La cultura predominante dell’omologazione?

Le diagnosi e le relazioni cliniche che le persone acquisiscono si semplificano troppo spesso nel linguaggio comune nei termini di “ ha la sindrome di.., ha la dislessia…”; nel linguaggio della cultura della normalità, concetto che in natura non esiste, diventano così tutti autistici, dislessici. Ma non si deve identificare la categoria diagnostica con la persona perché ogni dislessico è diverso, così come accade per l’autismo. E sta qui il difficile, ovvero è questa la sfida che si delinea al fine di operare per una personalizzazione di ogni singolo progetto di vita, perché non esiste una sola risposta, non si può avere una ricetta universale.

Alcuni insegnanti non sono preparati e questo è anche legittimato dal sistema statale.

Ma la scuola è fatta di molti insegnanti che hanno nel loro DNA una cultura dell’accoglienza, che spesso per troppa burocrazia e poca pedagogia presente nel sistema complesso quale è la scuola, si muovono contro corrente: alcuni soccombono altri si elevano con spirito. Ne conosciamo molti.

Molto si sta facendo in questi ultimi anni per compensare le difficoltà in cui la scuola si viene a ritrovare, formazione mirata, la volontà dei più di costruire comunità di apprendimento, corsi universitari di formazione per gli insegnanti di sostegno, formazione continua, fondi europei per progetti sull’inclusione.

Per citare E. Fromm (psicologo, psicoanalista, filosofo ed accademico tedesco): “L’avere si riferisce alle cose e le cose sono fisse e descrivibili. L’essere si riferisce all’esperienza e l’esperienza umana è in via di principio indescrivibile”.

Per noi pertanto è imprescindibile declinare esistenze incentrate sulle modalità dell’essere anziché dell’avere. I professionisti di Fe.D.Man si occupano dell’essere dei soggetti in via di sviluppo e di crescita e di adulti che che saranno accolti da una società, di che tipo? Ci piacerebbe vedere che non fosse la società che identifica le diagnosi cliniche con le persone, bensì che riconosca i loro bisogni come principi sui quali si possa stilare un progetto di vita che è basato sul diritto. Dal diritto allo studio, al successo formativo. fino al raggiungimento degli obietti del diritto di vivere una vita di qualità.

I Disability Manager di Fe.D.Man sanno che talvolta la scuola è oggi, accade non di rado, il solo luogo sociale per eccellenza, perché per molti studenti – qualunque siano le loro specificità -, terminato il percorso di studi, non sarà facile trovare un posto nel mondo poiché non si è sempre pronti ad accoglierli.

La nostra Associazione crede nell’equità, nella multidirezionalità e nella reciprocità, perché gli elementi e i fattori dell’equ-azione inclusiva sono tutti diversi tra loro ma tutti in relazione: scuola, sanità, servizi sociali, enti locali, mondo del lavoro, associazioni.

I Disability Manager di Fe.D.Man sono diversi tra loro per competenze e provenienze ma hanno in comune tra gli intenti fondamentali dell’essere associati, questo: far sì che, al di là e al di fuori dello spazio mentale che costruisce muri per le divisioni della cultura delle categorie, si concretizzi uno spazio reale che costruisca ponti per la cultura della civiltà di diritto.

I passaggi necessari alla pratica dell’inclusione scolastica sono delicati, talvolta fragili e pertanto devono essere attentamente presidiati affinché i principi fondamentali ai quali la nostra Costituzione è finora stata fonte di ispirazione, non vengano meno e siano coerentemente attuate con modalità di assegnazione delle necessarie risorse professionali e finanziarie. Poiché si registrano ancora molte ambivalenze e il periodico riaffacciarsi della tentazione di ridurre personale e risorse, proprio su un tema così delicato quale è quello dell’inclusione, è prioritario convergere verso percorsi qualitativi, resi spesso accidentati e ostici da un contenimento della spesa pubblica che ha interpretato la scuola come costo piuttosto che come investimento.

L’inclusione a scuola prevede certamente una dimensione culturale ed oltre a ciò una serie di componenti che vanno dall’organizzazione dell’Istituto ai docenti di sostegno, dal profilo professionale dei collaboratori scolastici alle procedure di assegnazione delle ore di sostegno didattico, dal numero di alunni per classe alle concezioni pedagogiche degli insegnanti, dalla cultura delle famiglie al patto educativo, dai documenti della diagnosi al profilo di funzionamento fino al PEI, ci sono i GLO, il GLI, il piano di inclusione, i protocolli per l’accoglienza e l’inclusione, l’orientamento e il progetto di vita, il progetto individuale, la valutazione, la presa in carico e in cura, l’autovalutazione dell’Istituto, l’alternanza scuola lavoro /pcto, che possono essere barriere e facilitatori, a seconda di come vengono gestiti.

In che termini si può spiegare tale complessità?

Ci piacerebbe pensare ad un futuro prossimo in cui i Disability Manager potessero lavorare insieme alle scuole e a tutti coloro che si legano alla scuola per essere insieme a loro promotori dell’inclusione, capaci di offrire all’individuo e alla società stessa di riferimento la possibilità di realizzare ogni singolo progetto di vita.

Il ministro Valditara in un intervento a seguito dell’articolo di Galli della Loggia afferma che “…l’inclusione è un valore importante della scuola costituzionale, la nostra scuola. Perché sia effettiva, però, e non solo declamata, è necessario che si creino le condizioni per una didattica più efficace che consenta di contemperare le esigenze di tutti gli studenti”.

In merito a ciò ed alla complessità del sistema burocratico sopra descritto, presente negli Istituti Scolastici statali ci permettiamo di affermare che il completamento all’attributo effettiva sarebbe la previsione di una figura esperta di management dell’inclusione.  La funzione del Disability Manager di sistema e/o nel sistema scuola dovrebbe essere identificata all’interno di un’equipe multidisciplinare, come figura di raccordo tra tutti gli attori che entrano nel processo educativo della persona in quanto studente, in quanto allievo, ognuno con pari diritti: ovvero la garanzia dell’equità.

Noi siamo pronti ad accogliere la complessità.

(Marina Brugnone, Insegnante e Socia FE.D.MAN.)

In risposta all’editoriale di Ernesto Galli della Loggia


1 Febbraio 2024 Di Marina Brugnone Le parole dell’editoriale del Corriere della Sera del 13 gennaio ci hanno fatto pensare molto, come Associazione, così come […]

Due mani che sorreggono in alto una sfera, apparentemente senza sforzo. I colori, verde e viola, sono contrastanti ma funzionali, e riprendono sia il logo di Fed.Man, sia il fatto che la coadiuvandone di diversità può creare delle sinergie per trasformare le idee in soluzioni in ambito inclusivo (particolare della scultura

Di Marina Brugnone

Le parole dell’editoriale del Corriere della Sera del 13 gennaio ci hanno fatto pensare molto, come Associazione, così come hanno colpito altre associazioni e molti altri, genitori, insegnanti, clinici. Quelle parole, scritte nell’articolo del quotidiano e pertanto rivolte ad un pubblico generalista, hanno dato adito ad una serie di interpretazioni poco felici. Si ravvisano infatti, nel suddetto, significati che paiono essere ingombranti come pesanti zavorre, un freno a mano tirato ai fini della piena realizzazione del diritto allo studio da parte di tutti i nostri studenti.

Fed.D.Man., Federazione Disability Management, sente pertanto la necessità di esplicitare la propria posizione rispetto alla cultura della distanza dalla norma e delle categorie, basata sulla dicotomia normale/anormale, sull’abilismo, sul linguaggio normativo e del deficit, della generalizzazione.

Perché per parlare di inclusione bisogna parlare di persone, di individui con proprie specificità che sono ancora non accolte da una società che non sa come evolversi nella direzione della civiltà. Chi si occupa di diversità, per scelta di vita o per lavoro, abbraccia una cultura “altra” da quella che generalizza, quella che pone su un unico piano, ogni aspetto dell’inclusione.

Tale appiattimento non giova agli innumerevoli intenti, progetti, sforzi di uscire dallo scenario di omologazione. Sì, perché ogni individuo è diverso, per natura, da ogni altro.

Chi si occupa di Disability Management ben sa cosa significa inclusione, non è essa un mito, non è un sogno, non è astrazione è il qui ed ora: consiste nell’occuparsi di coniugare leggi, decreti, note ministeriali, al territorio, al contesto, agli attori del processo inclusivo (aziende, istituzioni, insegnanti, studenti, lavoratori, cittadini italiani e stranieri) a pratiche risolutive di costruzione di reti, di progetti che aprano le porte tra la scuola ed il mondo del lavoro per l’affermazione dell’identità del singolo, per il suo riconoscimento.

Non ha senso accusare la scuola e i genitori, la prima di mentire ed i secondi di approfittarsi della menzogna.

Prendersela con la scuola, perché? È forse essa l’unico luogo in cui deve avvenire l’inclusione? La scuola è ed è stata troppo spesso luogo di riforme e sperimentazioni senza fine, di azioni dettate da intenti di propaganda dei singoli governi che si avvicendano senza tener conto delle leggi sull’inclusione, pubblicate negli anni e che rappresentano conquiste importanti sul piano dei diritti umani. Perché è proprio così, le leggi e le norme della scuola italiana in merito sono esempi di alta cultura.

Perché accusare i genitori di approfittare delle leggi che riconoscono tali diritti? Chi li accompagna nel riconoscimento dei bisogni educativi dei loro figli? La cultura predominante dell’omologazione?

Le diagnosi e le relazioni cliniche che le persone acquisiscono si semplificano troppo spesso nel linguaggio comune nei termini di “ ha la sindrome di.., ha la dislessia…”; nel linguaggio della cultura della normalità, concetto che in natura non esiste, diventano così tutti autistici, dislessici. Ma non si deve identificare la categoria diagnostica con la persona perché ogni dislessico è diverso, così come accade per l’autismo. E sta qui il difficile, ovvero è questa la sfida che si delinea al fine di operare per una personalizzazione di ogni singolo progetto di vita, perché non esiste una sola risposta, non si può avere una ricetta universale.

Alcuni insegnanti non sono preparati e questo è anche legittimato dal sistema statale.

Ma la scuola è fatta di molti insegnanti che hanno nel loro DNA una cultura dell’accoglienza, che spesso per troppa burocrazia e poca pedagogia presente nel sistema complesso quale è la scuola, si muovono contro corrente: alcuni soccombono altri si elevano con spirito. Ne conosciamo molti.

Molto si sta facendo in questi ultimi anni per compensare le difficoltà in cui la scuola si viene a ritrovare, formazione mirata, la volontà dei più di costruire comunità di apprendimento, corsi universitari di formazione per gli insegnanti di sostegno, formazione continua, fondi europei per progetti sull’inclusione.

Per citare E. Fromm (psicologo, psicoanalista, filosofo ed accademico tedesco): “L’avere si riferisce alle cose e le cose sono fisse e descrivibili. L’essere si riferisce all’esperienza e l’esperienza umana è in via di principio indescrivibile”.

Per noi pertanto è imprescindibile declinare esistenze incentrate sulle modalità dell’essere anziché dell’avere. I professionisti di Fe.D.Man si occupano dell’essere dei soggetti in via di sviluppo e di crescita e di adulti che che saranno accolti da una società, di che tipo? Ci piacerebbe vedere che non fosse la società che identifica le diagnosi cliniche con le persone, bensì che riconosca i loro bisogni come principi sui quali si possa stilare un progetto di vita che è basato sul diritto. Dal diritto allo studio, al successo formativo. fino al raggiungimento degli obietti del diritto di vivere una vita di qualità.

I Disability Manager di Fe.D.Man sanno che talvolta la scuola è oggi, accade non di rado, il solo luogo sociale per eccellenza, perché per molti studenti – qualunque siano le loro specificità -, terminato il percorso di studi, non sarà facile trovare un posto nel mondo poiché non si è sempre pronti ad accoglierli.

La nostra Associazione crede nell’equità, nella multidirezionalità e nella reciprocità, perché gli elementi e i fattori dell’equ-azione inclusiva sono tutti diversi tra loro ma tutti in relazione: scuola, sanità, servizi sociali, enti locali, mondo del lavoro, associazioni.

I Disability Manager di Fe.D.Man sono diversi tra loro per competenze e provenienze ma hanno in comune tra gli intenti fondamentali dell’essere associati, questo: far sì che, al di là e al di fuori dello spazio mentale che costruisce muri per le divisioni della cultura delle categorie, si concretizzi uno spazio reale che costruisca ponti per la cultura della civiltà di diritto.

I passaggi necessari alla pratica dell’inclusione scolastica sono delicati, talvolta fragili e pertanto devono essere attentamente presidiati affinché i principi fondamentali ai quali la nostra Costituzione è finora stata fonte di ispirazione, non vengano meno e siano coerentemente attuate con modalità di assegnazione delle necessarie risorse professionali e finanziarie. Poiché si registrano ancora molte ambivalenze e il periodico riaffacciarsi della tentazione di ridurre personale e risorse, proprio su un tema così delicato quale è quello dell’inclusione, è prioritario convergere verso percorsi qualitativi, resi spesso accidentati e ostici da un contenimento della spesa pubblica che ha interpretato la scuola come costo piuttosto che come investimento.

L’inclusione a scuola prevede certamente una dimensione culturale ed oltre a ciò una serie di componenti che vanno dall’organizzazione dell’Istituto ai docenti di sostegno, dal profilo professionale dei collaboratori scolastici alle procedure di assegnazione delle ore di sostegno didattico, dal numero di alunni per classe alle concezioni pedagogiche degli insegnanti, dalla cultura delle famiglie al patto educativo, dai documenti della diagnosi al profilo di funzionamento fino al PEI, ci sono i GLO, il GLI, il piano di inclusione, i protocolli per l’accoglienza e l’inclusione, l’orientamento e il progetto di vita, il progetto individuale, la valutazione, la presa in carico e in cura, l’autovalutazione dell’Istituto, l’alternanza scuola lavoro /pcto, che possono essere barriere e facilitatori, a seconda di come vengono gestiti.

In che termini si può spiegare tale complessità?

Ci piacerebbe pensare ad un futuro prossimo in cui i Disability Manager potessero lavorare insieme alle scuole e a tutti coloro che si legano alla scuola per essere insieme a loro promotori dell’inclusione, capaci di offrire all’individuo e alla società stessa di riferimento la possibilità di realizzare ogni singolo progetto di vita.

Il ministro Valditara in un intervento a seguito dell’articolo di Galli della Loggia afferma che “…l’inclusione è un valore importante della scuola costituzionale, la nostra scuola. Perché sia effettiva, però, e non solo declamata, è necessario che si creino le condizioni per una didattica più efficace che consenta di contemperare le esigenze di tutti gli studenti”.

In merito a ciò ed alla complessità del sistema burocratico sopra descritto, presente negli Istituti Scolastici statali ci permettiamo di affermare che il completamento all’attributo effettiva sarebbe la previsione di una figura esperta di management dell’inclusione.  La funzione del Disability Manager di sistema e/o nel sistema scuola dovrebbe essere identificata all’interno di un’equipe multidisciplinare, come figura di raccordo tra tutti gli attori che entrano nel processo educativo della persona in quanto studente, in quanto allievo, ognuno con pari diritti: ovvero la garanzia dell’equità.

Noi siamo pronti ad accogliere la complessità.

(Marina Brugnone, Insegnante e Socia FE.D.MAN.)

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