DISABILITY PRIDE E IMPATTO SULLE PERSONE CON DISABILITÀ


31 Luglio 2024 Articolo di Haydée Longo, Claudia Frizzarin, Anida Hilviu    Introduzione – Il Disability Pride: una Marcia verso l’Empowerment e i Diritti Oltre […]

Due mani che sorreggono in alto una sfera, apparentemente senza sforzo. I colori, verde e viola, sono contrastanti ma funzionali, e riprendono sia il logo di Fed.Man, sia il fatto che la coadiuvandone di diversità può creare delle sinergie per trasformare le idee in soluzioni in ambito inclusivo (particolare della scultura

Articolo di Haydée Longo, Claudia Frizzarin, Anida Hilviu 

 

Introduzione – Il Disability Pride: una Marcia verso l’Empowerment e i Diritti

Oltre a rappresentare un grande evento in termini di rivendicazione ed empowerment delle persone con disabilità a livello sociale, il Disability Pride nella storia è emerso come un potente movimento in grado di rivendicare con forza i diritti delle persone con disabilità e potenziare la loro tutela a livello normativo, quale lotta per la conquista di importanti diritti civili che ne garantissero l’inclusione e l’uguaglianza.

L’Origine del Disability Pride

Il concetto di Disability Pride affonda le sue radici negli anni ’90, quando le prime parate furono organizzate negli Stati Uniti ispirate dai precedenti movimenti per i diritti civili e LGBTQ+. L’occasione per la nascita del Disability Pride fu proprio dettata dall’approvazione nel Luglio 1990 di un testo normativo di importanza epocale: l’American with Disabilities Act (noto anche più brevemente come “ADA”).

Era da molto tempo che gli americani chiedevano una legge che tutelasse i diritti delle persone con disabilità. Pochi mesi prima che venisse approvato l’ ADA, il 12 marzo del 1990, oltre mille persone marciarono dalla Casa Bianca al Campidoglio per chiedere al Congresso l’urgenza di approvare un provvedimento. Quando sono arrivati a Capitol Hill, circa una sessantina di manifestanti ha abbandonato le sedie a rotelle e altri ausili per la mobilità e ha percorso a fatica i gradini del Campidoglio. L’avvenimento, noto successivamente come il “Capitol Craw”, è stato la dimostrazione tangibile di come gli spazi pubblici inaccessibili abbiano un impatto sulle persone con disabilità, evidenziando la necessità di approvare una legge contro l’abilismo.

La firma dell’ADA nel luglio 1990 fu un momento storico di grande vittoria per la comunità delle persone con disabilità: prima della sua entrata in vigore mancavano infatti leggi federali che garantissero i loro diritti, molte strutture pubbliche e private non erano accessibili e in generale le persone con disabilità spesso incontravano discriminazioni sul posto di lavoro, nei trasporti pubblici, e in altri ambiti della vita quotidiana, senza essere protetti da leggi e normative adeguate.

Approvato dal Presidente George H.W. Bush il 26 luglio 1990 dopo anni di lotte, l’ADA ha avuto un impatto profondo sulla vita di milioni di americani, garantendo protezioni contro la discriminazione e promuovendo l‘accessibilità e l‘inclusione, ed è proprio in questo contesto che si organizzò la prima Disability Pride Parade, che ebbe luogo a Boston nel luglio 1990 segnando poi l’inizio di un movimento globale.

L’evento si tenne a Boston nello stesso anno, con un duplice intento: celebrare l’;approvazione della legge e la nuova era di diritti e opportunità che essa rappresentava, ed incoraggiare le persone con disabilità a sentirsi orgogliose della loro identità e promuovere una maggiore consapevolezza e inclusione nella società. Fu proprio la firma dell’ADA da parte dell’allora Presidente degli Stati Uniti Bush a costituire l’occasione di organizzare la prima Disability Pride Parade. Le organizzatrici principali dell’evento sono le attiviste Diana Viets e Catherine Odette.

La Rivendicazione dei Diritti

Quale manifestazione dedicata a celebrare l’empowerment e l’identità delle persone con disabilità in un’ottica di “orgoglio”, in un momento storico di grande svolta giuridica, il Disability Pride ha pertanto avuto fin da subito un impatto significativo nella rivendicazione dei diritti delle persone con disabilità – connotazione che è rimasta un punto fondamentale della sua natura rivendicativa. Da allora infatti, le sue manifestazioni hanno contribuito a sensibilizzare l’;opinione pubblica e i governi sulle sfide quotidiane affrontate da questa comunità, spingendo per cambiamenti legislativi e politiche più inclusive, incluso al suo arrivo in Italia tra il 2015 ed il 2018 dove si è spesso sottolineato un forte collegamento con la rivendicazione dei diritti espressi nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Impatti Storici e Contemporanei

Anche e soprattutto in tale ottica di rivendicazione e advocacy dei diritti, il Disability Pride non va pertanto guardato solo come un evento annuale, ma al contrario come un vero e proprio movimento continuo che ha portato a cambiamenti tangibili nel corso della storia, ed è tuttora pronto a portarne di nuovi.

In Italia un prototipo di Disability Pride si è svolto nell’estate del 2015, quando Carmelo Comisi, presidente del Movimento Vita Indipendente Sicilia e consulente del sindaco in materia di accessibilità e diritti civili, organizza, col nome di Handy Pride, una manifestazione itinerante in più Comuni della provincia di Ragusa, manifestazione che consisteva in più spettacoli intervallati dalla lettura di alcuni articoli della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Il Disability Pride, soprattutto in Italia, con le diverse attività che organizza nel corso dell’anno, sta assumendo sempre più il ruolo di movimento culturale che propone alla società civile un modo nuovo di vivere, pensare e valorizzare la disabilità.

Oggi, le parate e le manifestazioni si tengono in tutto il mondo, da New York a Londra, da Sydney a Milano, ciascuna con il suo significato locale e globale e con le proprie rivendicazioni normative.

Il Disability Pride ha dunque avuto un’importanza ed un ruolo fondamentale nel trasformare la lotta per i diritti delle persone con disabilità, combinando l’empowerment personale ed individuale di ognuna di esse con una forte rivendicazione dei diritti civili. Con il suo movimento ha contribuito a creare una società più equa e giusta, mettendo l’accento sull’importanza dell’accessibilità e della non discriminazione e contribuendo a far crescere nuove consapevolezze per la creazione di una vera e propria “cultura della disabilità”.

Le conquiste ottenute grazie a questo movimento non si sono tuttavia limitate a introdurre migliori politiche di accessibilità: esso ha gettato le basi per una maggiore rappresentanza politica e culturale della disabilità, e una crescente consapevolezza dei diritti umani delle persone con disabilità in seno alla loro stessa comunità.

La bandiera del Disability Pride è stata creata da Ann Magil. L’idea alla base della bandiera è quella di essere inclusiva per tutte le persone con disabilità, anche se non è la bandiera ufficiale del Disability Pride. Il significato della bandiera può essere così riassunto: il campo nero: lutto per coloro che hanno sofferto e sono morti a causa della violenza abilista, e anche della ribellione. La forma Zig-zag: come le persone con disabilità devono muoversi e superare le barriere, e la creatività nel farlo. I Cinque colori: la varietà della disabilità (malattie mentali, disabilità intellettive e dello sviluppo, disabilità invisibili e non diagnosticate, disabilità fisiche e disabilità sensoriali). Le Strisce parallele: solidarietà all’interno della comunità delle persone con disabilità, nonostante le differenze.

Ma come si lega la figura del Disability Manager e la manifestazione del Disability Pride?

In Italia si è cominciato a parlare, in modo più frequente, della figura del Disability Manager nel 2015 con il Jobs Act, con cui viene rivoluzionato il mondo del lavoro. Il Disability Manager, ha una professionalità complessa, che riguarda tutti gli aspetti della disabilità, non solo l’aspetto formale dell’inserimento lavorativo. È un facilitatore, che rende la comunicazione tra ente e persona con disabilità fluida e scorrevole. Definire il manager della disabilità come una nuova figura di tipo consulenziale è riduttivo. Siamo di fronte ad un “facilitatore” che aiuta aziende e lavoratori con disabilità a considerare l’inserimento un momento di valorizzazione della risorsa.

Nel raggiungere i suoi obiettivi è centrale il dialogo costante con gli interlocutori interni ed esterni, come ad esempio, le associazioni operanti nel sociale, i servizi sanitari e quelli per il lavoro dislocati sul territorio. Questa figura diventa così il centro di una rete di stakeholder,  catalizzandone esigenze e proposte. Il cambiamento passa dalle persone e questa figura professionale rappresenta un vero cambiamento culturale.

La figura del Disability Manager viene spesso inserita aziendalmente, all’interno dell’ufficio delle risorse umane, poiché una delle sue mansioni principali è quella dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Le sue mansioni sono varie e si devono adattare in base al contesto in cui opera. Come abbiamo anticipato il vero scopo di questa figura lavorativa è di portare un vero cambiamento culturale che nasce comunque con la Convenzione ONU in cui si sancisce un vero cambiamento della visione della disabilità. La figura del Disability Manager può cogliere l’occasione del mese legato all’orgoglio delle persone con disabilità, il Disability Pride Month, che annualmente è durante il mese di Luglio, per creare momenti formativi e di team building in cui non si parli solo a livello teorico di diversità e di disabilità. Alcune attività che la figura del Disability Manager può fare, indipendentemente dal contesto in cui opera, quindi che sia aziendale, associativo, scolastico sono: organizzazione di una scarrozzata in cui persone con disabilità e senza disabilità passeggiano assieme e quest’ultime provino a percorrere un tragitto in carrozzina o simulando una disabilità sensoriale, per capire in minima parte cosa significa spostarsi con queste specificità. Un’altra attività che si può organizzare potrebbe essere quella di guardare e provare delle attività sportive, come il baskin, basket in carrozzina, tennis tavolo ecc.

Il Disability Manager durante tutto l’anno dovrebbe portare la cultura della diversità, della disabilità, mediante gli inserimenti lavorativi, mediante gli accomodamenti ragionevoli. Questa figura può essere inserita all’interno di associazioni, fondazioni, aziende, pubbliche amministrazioni. Quelle realtà che portino un vero cambiamento nella società, un cambiamento di visione e di valore che le persone con disabilità possono portare nella società.

Il Disability Pride Month è un’occasione, in cui accentuare questi temi, che però devono essere affrontati anche tutti gli altri giorni, la differenza è che ci può essere un’attenzione mediatica diversa che amplifica questo messaggio. Durante le attività del Disability Pride emerge la poca conoscenza che la nostra professione possa portare ad un cambiamento culturale della comunità delle persone con disabilità, questo è dato soprattutto dalla scarsa conoscenza e la vastità dei campi su cui questa figura professionale possa lavorare ed agire.

(Articolo di Haydée Longo, Claudia Frizzarin, Anida Hilviu – Fe.D.Man.)  

DISABILITY PRIDE E IMPATTO SULLE PERSONE CON DISABILITÀ


31 Luglio 2024 Articolo di Haydée Longo, Claudia Frizzarin, Anida Hilviu    Introduzione – Il Disability Pride: una Marcia verso l’Empowerment e i Diritti Oltre […]

Due mani che sorreggono in alto una sfera, apparentemente senza sforzo. I colori, verde e viola, sono contrastanti ma funzionali, e riprendono sia il logo di Fed.Man, sia il fatto che la coadiuvandone di diversità può creare delle sinergie per trasformare le idee in soluzioni in ambito inclusivo (particolare della scultura

Articolo di Haydée Longo, Claudia Frizzarin, Anida Hilviu 

 

Introduzione – Il Disability Pride: una Marcia verso l’Empowerment e i Diritti

Oltre a rappresentare un grande evento in termini di rivendicazione ed empowerment delle persone con disabilità a livello sociale, il Disability Pride nella storia è emerso come un potente movimento in grado di rivendicare con forza i diritti delle persone con disabilità e potenziare la loro tutela a livello normativo, quale lotta per la conquista di importanti diritti civili che ne garantissero l’inclusione e l’uguaglianza.

L’Origine del Disability Pride

Il concetto di Disability Pride affonda le sue radici negli anni ’90, quando le prime parate furono organizzate negli Stati Uniti ispirate dai precedenti movimenti per i diritti civili e LGBTQ+. L’occasione per la nascita del Disability Pride fu proprio dettata dall’approvazione nel Luglio 1990 di un testo normativo di importanza epocale: l’American with Disabilities Act (noto anche più brevemente come “ADA”).

Era da molto tempo che gli americani chiedevano una legge che tutelasse i diritti delle persone con disabilità. Pochi mesi prima che venisse approvato l’ ADA, il 12 marzo del 1990, oltre mille persone marciarono dalla Casa Bianca al Campidoglio per chiedere al Congresso l’urgenza di approvare un provvedimento. Quando sono arrivati a Capitol Hill, circa una sessantina di manifestanti ha abbandonato le sedie a rotelle e altri ausili per la mobilità e ha percorso a fatica i gradini del Campidoglio. L’avvenimento, noto successivamente come il “Capitol Craw”, è stato la dimostrazione tangibile di come gli spazi pubblici inaccessibili abbiano un impatto sulle persone con disabilità, evidenziando la necessità di approvare una legge contro l’abilismo.

La firma dell’ADA nel luglio 1990 fu un momento storico di grande vittoria per la comunità delle persone con disabilità: prima della sua entrata in vigore mancavano infatti leggi federali che garantissero i loro diritti, molte strutture pubbliche e private non erano accessibili e in generale le persone con disabilità spesso incontravano discriminazioni sul posto di lavoro, nei trasporti pubblici, e in altri ambiti della vita quotidiana, senza essere protetti da leggi e normative adeguate.

Approvato dal Presidente George H.W. Bush il 26 luglio 1990 dopo anni di lotte, l’ADA ha avuto un impatto profondo sulla vita di milioni di americani, garantendo protezioni contro la discriminazione e promuovendo l‘accessibilità e l‘inclusione, ed è proprio in questo contesto che si organizzò la prima Disability Pride Parade, che ebbe luogo a Boston nel luglio 1990 segnando poi l’inizio di un movimento globale.

L’evento si tenne a Boston nello stesso anno, con un duplice intento: celebrare l’;approvazione della legge e la nuova era di diritti e opportunità che essa rappresentava, ed incoraggiare le persone con disabilità a sentirsi orgogliose della loro identità e promuovere una maggiore consapevolezza e inclusione nella società. Fu proprio la firma dell’ADA da parte dell’allora Presidente degli Stati Uniti Bush a costituire l’occasione di organizzare la prima Disability Pride Parade. Le organizzatrici principali dell’evento sono le attiviste Diana Viets e Catherine Odette.

La Rivendicazione dei Diritti

Quale manifestazione dedicata a celebrare l’empowerment e l’identità delle persone con disabilità in un’ottica di “orgoglio”, in un momento storico di grande svolta giuridica, il Disability Pride ha pertanto avuto fin da subito un impatto significativo nella rivendicazione dei diritti delle persone con disabilità – connotazione che è rimasta un punto fondamentale della sua natura rivendicativa. Da allora infatti, le sue manifestazioni hanno contribuito a sensibilizzare l’;opinione pubblica e i governi sulle sfide quotidiane affrontate da questa comunità, spingendo per cambiamenti legislativi e politiche più inclusive, incluso al suo arrivo in Italia tra il 2015 ed il 2018 dove si è spesso sottolineato un forte collegamento con la rivendicazione dei diritti espressi nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Impatti Storici e Contemporanei

Anche e soprattutto in tale ottica di rivendicazione e advocacy dei diritti, il Disability Pride non va pertanto guardato solo come un evento annuale, ma al contrario come un vero e proprio movimento continuo che ha portato a cambiamenti tangibili nel corso della storia, ed è tuttora pronto a portarne di nuovi.

In Italia un prototipo di Disability Pride si è svolto nell’estate del 2015, quando Carmelo Comisi, presidente del Movimento Vita Indipendente Sicilia e consulente del sindaco in materia di accessibilità e diritti civili, organizza, col nome di Handy Pride, una manifestazione itinerante in più Comuni della provincia di Ragusa, manifestazione che consisteva in più spettacoli intervallati dalla lettura di alcuni articoli della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. Il Disability Pride, soprattutto in Italia, con le diverse attività che organizza nel corso dell’anno, sta assumendo sempre più il ruolo di movimento culturale che propone alla società civile un modo nuovo di vivere, pensare e valorizzare la disabilità.

Oggi, le parate e le manifestazioni si tengono in tutto il mondo, da New York a Londra, da Sydney a Milano, ciascuna con il suo significato locale e globale e con le proprie rivendicazioni normative.

Il Disability Pride ha dunque avuto un’importanza ed un ruolo fondamentale nel trasformare la lotta per i diritti delle persone con disabilità, combinando l’empowerment personale ed individuale di ognuna di esse con una forte rivendicazione dei diritti civili. Con il suo movimento ha contribuito a creare una società più equa e giusta, mettendo l’accento sull’importanza dell’accessibilità e della non discriminazione e contribuendo a far crescere nuove consapevolezze per la creazione di una vera e propria “cultura della disabilità”.

Le conquiste ottenute grazie a questo movimento non si sono tuttavia limitate a introdurre migliori politiche di accessibilità: esso ha gettato le basi per una maggiore rappresentanza politica e culturale della disabilità, e una crescente consapevolezza dei diritti umani delle persone con disabilità in seno alla loro stessa comunità.

La bandiera del Disability Pride è stata creata da Ann Magil. L’idea alla base della bandiera è quella di essere inclusiva per tutte le persone con disabilità, anche se non è la bandiera ufficiale del Disability Pride. Il significato della bandiera può essere così riassunto: il campo nero: lutto per coloro che hanno sofferto e sono morti a causa della violenza abilista, e anche della ribellione. La forma Zig-zag: come le persone con disabilità devono muoversi e superare le barriere, e la creatività nel farlo. I Cinque colori: la varietà della disabilità (malattie mentali, disabilità intellettive e dello sviluppo, disabilità invisibili e non diagnosticate, disabilità fisiche e disabilità sensoriali). Le Strisce parallele: solidarietà all’interno della comunità delle persone con disabilità, nonostante le differenze.

Ma come si lega la figura del Disability Manager e la manifestazione del Disability Pride?

In Italia si è cominciato a parlare, in modo più frequente, della figura del Disability Manager nel 2015 con il Jobs Act, con cui viene rivoluzionato il mondo del lavoro. Il Disability Manager, ha una professionalità complessa, che riguarda tutti gli aspetti della disabilità, non solo l’aspetto formale dell’inserimento lavorativo. È un facilitatore, che rende la comunicazione tra ente e persona con disabilità fluida e scorrevole. Definire il manager della disabilità come una nuova figura di tipo consulenziale è riduttivo. Siamo di fronte ad un “facilitatore” che aiuta aziende e lavoratori con disabilità a considerare l’inserimento un momento di valorizzazione della risorsa.

Nel raggiungere i suoi obiettivi è centrale il dialogo costante con gli interlocutori interni ed esterni, come ad esempio, le associazioni operanti nel sociale, i servizi sanitari e quelli per il lavoro dislocati sul territorio. Questa figura diventa così il centro di una rete di stakeholder,  catalizzandone esigenze e proposte. Il cambiamento passa dalle persone e questa figura professionale rappresenta un vero cambiamento culturale.

La figura del Disability Manager viene spesso inserita aziendalmente, all’interno dell’ufficio delle risorse umane, poiché una delle sue mansioni principali è quella dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Le sue mansioni sono varie e si devono adattare in base al contesto in cui opera. Come abbiamo anticipato il vero scopo di questa figura lavorativa è di portare un vero cambiamento culturale che nasce comunque con la Convenzione ONU in cui si sancisce un vero cambiamento della visione della disabilità. La figura del Disability Manager può cogliere l’occasione del mese legato all’orgoglio delle persone con disabilità, il Disability Pride Month, che annualmente è durante il mese di Luglio, per creare momenti formativi e di team building in cui non si parli solo a livello teorico di diversità e di disabilità. Alcune attività che la figura del Disability Manager può fare, indipendentemente dal contesto in cui opera, quindi che sia aziendale, associativo, scolastico sono: organizzazione di una scarrozzata in cui persone con disabilità e senza disabilità passeggiano assieme e quest’ultime provino a percorrere un tragitto in carrozzina o simulando una disabilità sensoriale, per capire in minima parte cosa significa spostarsi con queste specificità. Un’altra attività che si può organizzare potrebbe essere quella di guardare e provare delle attività sportive, come il baskin, basket in carrozzina, tennis tavolo ecc.

Il Disability Manager durante tutto l’anno dovrebbe portare la cultura della diversità, della disabilità, mediante gli inserimenti lavorativi, mediante gli accomodamenti ragionevoli. Questa figura può essere inserita all’interno di associazioni, fondazioni, aziende, pubbliche amministrazioni. Quelle realtà che portino un vero cambiamento nella società, un cambiamento di visione e di valore che le persone con disabilità possono portare nella società.

Il Disability Pride Month è un’occasione, in cui accentuare questi temi, che però devono essere affrontati anche tutti gli altri giorni, la differenza è che ci può essere un’attenzione mediatica diversa che amplifica questo messaggio. Durante le attività del Disability Pride emerge la poca conoscenza che la nostra professione possa portare ad un cambiamento culturale della comunità delle persone con disabilità, questo è dato soprattutto dalla scarsa conoscenza e la vastità dei campi su cui questa figura professionale possa lavorare ed agire.

(Articolo di Haydée Longo, Claudia Frizzarin, Anida Hilviu – Fe.D.Man.)  

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